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Industria centrale per il Trentino, ma rischio che settore arretri

Il segretario Grosselli: comparto essenziale per innovare il tessuto economico, attrarre competenze avanzate e competere sui mercati internazionali. Servono politiche industriali selettive e lavoro di qualità

Industria centrale per il Trentino, ma rischio che settore arretri

I dati dell’ultimo Rapporto sui bilanci dell’industria trentina fotografano una situazione sostanzialmente positiva del comparto con una crescita di tutti gli indici di redditività, seppur minore rispetto al 2021. Uno sguardo più ampio però fa emergere un settore in contrazione perché cala il numero di imprese, la produzione di valore aggiunto e gli occupati, purtroppo, non possiamo che affermare che in Trentino è in atto un pericoloso processo di deindustrializzazione”. Lo afferma il segretario generale della Cgil del Trentino, Andrea Grosselli, sottolineando con preoccupazione alcune cifre. “Tra il 2008-2020 si è registrato un forte calo del numero di imprese dell’industria in senso stretto pari a -18% per oltre 1.200 imprese in meno. Nello stesso periodo anche l'occupazione nel settore secondario si è ridotta di oltre 7.000 unità, cioè – 29%. Sono dati riportati nel Documento provinciale di economia e finanza 2024/2026”.

Una dinamica che trova conferma anche nei dati Istat sui conti economici territoriali. Il Trentino infatti, sempre con riferimento al settore manifatturiero in senso stretto, registra performance inferiori in rapporto alle altre regioni del Nordest. Basta guardare la dinamica del valore aggiunto: nella nostra provincia è cresciuto del 5,85% tra il 2014 e il 2018 (immediatamente dopo la grande recessione), mentre in Alto Adige la crescita è stata del 17,32%. Lo stesso vale per i redditi da lavoro che nella nostra provincia hanno segnato un incremento del 6,4% contro il 20,26% dell’Alto Adige.

Questi numeri ci raccontano di un settore che sta perdendo la sua importanza, ma pensare che il Trentino possa affrontare le grandi transizioni in atto senza la centralità del comparto manifatturiero è semplicemente irresponsabile,” insiste il segretario Cgil, sottolineando che “l’apporto della manifattura è essenziale in termini di innovazione, di attrazione di competenze avanzate, di qualità del lavoro, di produttività e quindi anche di competitività per il sistema economico trentino che da sempre punta su un mix di vocazioni. Senza industria, tra l’altro, il Trentino rischierebbe di essere messo ai margini di quei processi produttivi caratterizzati da forti investimenti in ricerca e trasferimento tecnologico nel campo, per esempio, dell’applicazione dell’intelligenza artificiale e dei nuovi modelli di sostenibilità ecologica che rappresentano il futuro di un’economia più smart e più sostenibile e per questo più produttiva e più capace di garantire condizioni di lavoro migliori. Così, inoltre, si rischia di disperdere gli ingenti investimenti nel sistema della ricerca - dall’Università alle Fondazioni – che ha bisogno di imprese strutturate dal punto di vista della dimensione, fortemente vocate all’export e tecnologicamente avanzate”.

Un quadro complesso, aggravato secondo la Cgil del Trentino, dal fatto che il nuovo governo provinciale intenda puntare più su la piccola e piccolissima imprese, a danno dello sviluppo industriale. “Purtroppo nel programma di coalizione del centrodestra non una sola riga era dedicata all’industria e stupisce che Confindustria non abbia sollevato alcuna preoccupazione. Per quanto ci riguarda siamo convinti, invece, che il settore manifatturiero sia indispensabile per la tenuta e la crescita del nostro sistema economico quindi auspichiamo che i documenti di programmazione della nuova Giunta recuperino questa grave lacuna”, ribadisce Grosselli.

Per Cgil, come per Cisl e Uil, servono scelte concrete che partano da una revisione coraggiosa e innovativa delle politiche industriali. Va archiviato il tempo degli incentivi a pioggia, che vanno sostituiti con aiuti selettivi che premiano le imprese che innovano e investono di più, sfruttando anche le opportunità offerte dalla nuove regole europee per gli incentivi in green economy. Infine la qualità del lavoro. Se davvero si vuole puntare su nuova stagione di politiche industriali avanzate, non si possono escludere le lavoratrici ed i lavoratori. Per i sindacati confederali, dunque, gli accordi di sviluppo con le imprese che beneficiano di ingenti sussidi pubblici debbano essere sottoscritti congiuntamente anche dalle rappresentanze sindacali, mentre neppure un euro pubblico deve finire nelle tasche di imprenditori che non applicano la contrattazione collettiva firmata da Cgil Cisl Uil”, conclude il segretario provinciale.

 

Trento, 2 novembre 2023

 

 

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