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Alloggio pubblico, inaccettabile discriminare in base ai cognomi

Cgil Cisl Uil: il presidente Fugatti prenda atto che il 92% di chi ottiene una casa Itea è trentino, anche se ha un cognome straniero. E’ propaganda razzista

Se ti chiami Tomasi, Degasperi o Pedrotti allora sei un trentino “doc” e nessuno mette in dubbio la tua permanenza nella graduatoria per l’alloggio Itea. Se, invece, il tuo cognome non è tra quelli autoctoni, allora sei fuori posto. E’ questo quello che sembrano suggerire le parole del presidente Fugatti di fronte alla decisione del governo di non impugnare il criterio dei dieci anni di residenza per fare domanda di una casa Itea. “Discriminare in base al cognome è inaccettabile – dicono i segretari generali di Cgil Cisl Uil del Trentino -. Invece di continuare a parlare per spot e a fare propaganda il presidente della Provincia guardi ai dati del bilancio sociale Itea: solo il 2,7 per cento degli assegnatari di un alloggio sociale è uno straniero comunitario, il 6, 1per cento è extracomunitario. Il resto sono trentini, a prescindere dal cognome. Fare distinzioni di questo tipo è discriminante, peggio razzista”.

E’ chiaro dunque che si tratta di un non problema, almeno sul fronte delle graduatorie per gli alloggi. Il vero effetto di questo provvedimento sarà un risparmio di costi sul fronte del contributo all’affitto, dove stranieri comunitari e non rappresentano circa il 50% delle persone che usufruiscono della misura di sostegno.

Ianeselli, Pomini e Alotti ribadiscono ancora una volta che il welfare è uno strumento per favorire l’inclusione, non per discriminare. “Anche per questa ragione è fuori da ogni logica la scelta di imporre i cinque anni di residenza in Trentino per chiedere l’assegno di natalità, quando per le altre misure ne sono sufficienti tre. Perché un bambino di una coppia straniera, residente stabilmente sul nostro territorio, deve avere meno diritti del figlio di una coppia trentina? E’ una visione corta che dimentica che anche i bambini stranieri di oggi sono i cittadini italiani di domani”. In questo senso è positivo, per il sindacato, la critica sollevata dall’Esecutivo nazionale che chiede di ridurre da 5 a 2 gli anni di residenza in Trentino.

Non stupisce invece, la scelta di non impugnare la norma sui dieci anni perché analogo vincolo è previsto per il reddito di cittadinanza. Quel che è incomprensibile è la decisione di affidarsi al legislatore nazionale, rimandando al vincolo del provvedimento statale, rinunciando così alle competenze autonomistiche.

La questione non è assolutamente risolta: vincoli irragionevoli di residenza sono già stati bloccati da sentenze della Corte Costituzionale e dalla giurisdizione europea”. Per questa ragione Cgil Cisl Uil restano comunque convinti della incostituzionalità della misura e sosterranno tutti i ricorsi necessari a dimostrarlo.

 

 

 

 

 

Trento, 10 ottobre 2019

 

 

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