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Cure a domiciliari, la soluzione non sono le Rsa. Indispensabile potenziare il personale

Servono maggiori risorse

Il sistema delle cure domiciliari in Trentino è senza dubbio un servizio d’eccellenza fornito ai pazienti e alle loro famiglie. Sono molte, però, le criticità in termini di personale disponibile e di risorse. Pensare di risolvere la carenza di infermieri spostando sulle RSA parte dei prelievi nelle abitazioni tradisce una non sufficiente conoscenza delle condizioni di carenza di organico in cui versano molte di queste strutture”. Lo dicono Gianna Colle, Marco Cont e Marco Stefani che seguono il comparto sanità e quello delle case di risposo per la Funzione pubblica Cgil.

 

Per i sindacalisti l’unica strada per riuscire a garantire un buon servizio è quello di potenziare il numero di infermieri, ricorrendo a nuove assunzioni. “Servono maggiori risorse umane e finanziarie su questo fronte – insistono -. Non si può pensare di rendere più efficiente il servizio e soprattutto di rispondere alle crescenti domande della comunità con le medesime risorse oggi disponibili sul territorio. Inevitabilmente il servizio andrà in affanno con conseguenze negative sia per gli utenti, sia per il personale”. In tal senso Fp sottolinea la necessità di prevedere a breve termine un nuovo concorso per assumere infermieri. Il sindacato di Via Muredei apre anche ad un confronto con l’Azienda sanitaria per quanto riguarda l’ampliamento degli orari di servizio per le cure domiciliari “a patto che si discuta anche di garanzie contrattuali e del necessario incremento del personale”.

 

Attualmente in Trentino funzionano 57 RSA, tra pubbliche e private, per un totale di 498 infermieri. Una trentina di queste realtà hanno un punto prelievi e non si occupano al momento di prelievi a domicilio. “Aumentare il numero di utenti, a personale costante è una strada non percorribile. Già il personale delle RSA è tirato all’osso – aggiungono -. Non siamo contrari a priori ad una nuova organizzazione, ma il primo passo per andare in questa direzione è che la Provincia riveda, alzandoli, i parametri che stabiliscono il numero di infermieri per paziente”.

 

L’ipotesi di spostare sulle RSA parte dei prelievi a domicilio, per sgravare il personale infermieristico di quella tipologia di assistenza, vuol dire ragionare su un incremento di circa 30 nuovi infermieri nelle RSA con punto prelievo. “Come è evidente non è sufficiente spostare il problema da una struttura all’altra, la questione da affrontare con chiarezza è se la Provincia intende investire in questa direzione stanziando quanto serve”.

Per questa ragione è ormai indispensabile e non più rimandabile la definizione da parte dell’Azienda sanitaria del fabbisogno di personale per il prossimo triennio.”Anche la giunta deve assumersi la responsabilità di una programmazione serie e legata alle esigenze reali, mettendo a disposizione tutte le risorse necessarie. Per quanto ci riguarda non saremo d'accordo su eventuali esternalizzazioni, che determinerebbero rischi per la qualità del servizio e per la tenuta del sistema”, concludono i sindacalisti.

 

 

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