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Lavorazioni carni. Con appalti e sub-appalti cresce anche il rischio sanitario

Sindacati: servono controlli diffusi in tutto il comparto. Appello a Confindustria per aprire un confronto sulle condizioni di lavoro e arrivare ad un protocollo che imponga rispetto di regole e contratti nell’intera filiera del lavoro

Il focolaio di contagi alla Furlani carni rischia di essere la punta dell’iceberg di una situazione che è fuori controllo non solo sul piano sanitario, ma anche sul rispetto dei contratti e delle condizioni di lavoro. Da anni alcune lavorazioni sono totalmente appaltate in esterno, a società o cooperative che solo formalmente rispettano le norme. Non vengono rispettati orari di lavoro, straordinari, retribuzioni. In contesti di questo tipo, in cui il sindacato non riesce ad entrare, diventa più difficile anche pretendere il rispetto di tutti i protocolli di sicurezza sanitaria, con conseguenze pesanti come quelle che stiamo affrontando adesso”. E’ l’amara riflessione di Flai Cgil, Fai Cisl con Filcams, Fisascat e Uiltrasporti, che fanno appello a Confidunstria perché intervenga, magari attraverso un protocollo condiviso a livello provinciale, che obblighi realmente tutte le imprese appaltanti a farsi garanti e ad essere direttamente responsabili, anche economicamente, della corretta applicazione dei protocolli sanitari, del contratto e della corretta retribuzione dei lavoratori. Questo serve ai lavoratori, ma anche alle imprese sane che subiscono una concorrenza sleale.

Le organizzazioni sindacali chiedono anche una collaborazione alle controparti per pretendere un piano sanitario di gestione oggi e prevenzione da domani in tutto il comparto. “Le condizioni logistiche e ambientali come noto favoriscono la diffusione del virus, quindi in questo comparto serve un’attenzione maggiore con la disponibilità di test sierologici e test rapidi, tracciamento dei positivi e la più ampia copertura possibile del vaccino antinfluenzale”.

 Come è facile immaginare è più difficile gestire la prevenzione della salute nei contesti lavorativi più complessi sul piano delle tutele e dei diritti. Una situazione che accomuna tristemente i lavoratori che operano in appalto e sub-appalto, a prescindere dal settore. Più si allunga la catena, più è difficile controllare il rispetto delle norme.

Così anche negli stabilimenti di lavorazione delle carni spesso ai lavoratori in appalto, quasi tutti stranieri, a cui viene imposto di lavorare 11-12 ore al giorno sei giorni in settimana. Accade spesso che non ricevano le giuste retribuzioni perché senza spiegazioni vengono decurtati ferie e permessi mai fruiti, tredicesime e quattordicesime. Questi lavoratori vengono assunti attraverso il contratto dell’industria alimentare oppure quello dei Multiservizi e svolgono di solito mansioni di facchinaggio, pulizie e raramente altro o alcune operazioni di lavorazione della carne. “Anche le ditte trentine come nel resto d’Italia appaltano all’esterno parti delle lavorazioni per abbattere i costi così all’interno dello stesso stabilimento i trattamenti e le condizioni di lavoro sono diversi in base al datore di lavoro da cui si dipende. Per noi è difficile avvicinare questi dipendenti esterni perché chi si avvicina al sindacato rischia di essere discriminato e in alcuni casi ci può rimettere anche il posto. Per questa ragione chiediamo a Confindustria di aprire un confronto su questo tema, partendo proprio dalla questione sanitaria fino ad arrivare ai contratti di lavoro”, concludono i sindacati.

 

 

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