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Il debito pubblico italiano e qualche riflessione sui problemi di sostenibilità e restituzione

Una riflessione di Luigi Pitton

Il debito dello stato italiano, con le misure di sostegno all’economia e alla popolazione, crescerà da un 134% del PIL a circa il 155/ 160%(stima dell’Osservatorio trimestrale sui dati economici italiani, Mazziero Research, anno X n. 2,pag. 12). Ovvero passeremo dai 2.530 miliardi di debito raggiunti al 30 giugno (Banca d’Italia) ai 2.660/2.740 di fine 21 dopo aver ottenuto tutte le risorse europee del Recovery Fund e del Mes. Di soli interessi l’Italia dovrà passare da una spesa di 63 miliardi annui ai circa 72/75. Oltre al pagamento degli interessi dovremmo anche ridurre progressivamente la mole del debito perchè è una delle condizioni dei prestiti europei.

L’utilizzo del Recovery Fund, pur fornendo indispensabili risorse per una necessaria stagione di riforme strutturali, significherà che dovremo restituire pro-futuro un’ulteriore quota di capitali, pari a 127 miliardi. Un discorso diverso va fatto per i 27,2 miliardi delle misure di sostegno che l’Italia riceverà con i fondi Sure, vanno a coprire spese già stanziate per la CIG e le altre misure per i lavoratori, ma dovranno essere restituiti sembrerebbe entro 15 anni.

Questo accentua ancora di più la necessità di capire come fare e soprattutto di non ripercorrere le modalità fallimentari delle gestioni precedenti dell’amministrazione pubblica praticate negli ultimi trenta anni.

Tutti concordano sulla necessità, dopo la pandemia ed il blocco delle attività produttive, di ricorrere ad un indebitamento ulteriore ma nessuno ha provato ad ipotizzare una modalità di gestione del debito e della sua riduzione. Forse è il caso di pensarci vista l’incapacità precedente, in condizioni economiche normali, di non aumentarlo (negli ultimi 5 anni siamo ad un incremento medio del debito dell’1,4% l’anno) nonostante il contenimento della spesa sulle infrastrutture, sulla famiglia, sulla scuola, l’università e la ricerca, sulla sanità, il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, solo per ricordare alcuni aspetti e in presenza di un livello di tassazione, nel ‘18, pari al 41,8% del PIL.

Forse dovremmo interrogarci su quali inefficienze e storture non siamo stati capaci di incidere e su cui oggi e in futuro non possiamo più permetterci di sbagliare o esserne complici pena una drastica riduzione del welfare attuale e soprattutto quello delle future generazioni.

Se guardiamo alla necessità di ridurre il debito dobbiamo essere consapevoli che siamo una società con un saldo demografico negativo per 212mila unità (istat/ anziani/previsioni demografiche, e vedi anche Bilancio demografico nazionale 2019). Il calo delle nascite è iniziato nel 2008 e la decrescita risulta sempre più accentuata tanto che nel 2019 sono nati 67 bambini ogni 100 persone decedute, erano 96 nel 2008. La decrescita della natalità è solo in parte compensata dal saldo positivo tra emigrazione e immigrazione, per cui il calo di popolazione è stato di 116mila. Però mentre chi entra in Italia ha mediamente un basso livello di professionalità gli italiani che emigrano, per oltre la metà, hanno titoli medio-alti e vanno a cercare altrove migliori opportunità di carriera, salari e welfare. Questo è un fenomeno che si va accentuando dal 2011 in poi. Per fare un esempio, nel solo 2018 abbiamo perso circa 14.000 giovani con titoli medio-alti, come differenza tra gli italiani rientrati e quelli usciti. Eppure abbiamo una presenza di laureati inferiore del 50% rispetto alla media europea (gli occupati con laurea in Trentino sono il 23,2% mentre la media europea è al 35%, ISPAT 2018).

In conclusione se non saranno adottate appropriate politiche per contrastare il calo della popolazione attiva, ovvero le cose che tutti sappiamo, favorire l’occupazione femminile, avere finalmente misure di sostegno alla famiglia e all’occupazione giovanile, avremo una società con sempre meno occupati.

Su questi graverà l’onere degli interessi e della riduzione del debito mentre nei prossimi anni sono in previsione una crescita dei redditi da pensione e un incremento delle spese sanitarie per l’aumentare della presenza degli over 65enni, che passeranno dal 22,6% del ‘18 al 34% del 2050, e contemporaneamente la popolazione in età attiva si contrarrà dal 64% al 54%, ovvero avremo un po’ più di 6 milioni di lavoratori in meno (Istat,anziani, previsioni demografiche) con una diminuzione del gettito per le casse dello stato di circa 72,7 miliardi di euro l’anno.

Rispetto alla crescita della popolazione anziana diventa necessario fare qualche ulteriore approfondimento nella direzione delle maggiori spese sanitarie. In Italia le persone in età 65-74 anni con una patologia cronica sono il 76,3% e con 2 arrivano al 49,2. Negli over 75enni i tassi delle patologie arrivano rispettivamente all’86,9 e al 66,6 a conferma dell’aumentare delle fragilità con l’aumentare dell’età.

Il solo “aumento del numero di malati cronici […] comporterà un aumento di spesa nei prossimi 10 anni di circa 4 miliardi” (Rapporto Osservasalute 2018 del 08/05/2019, pag 545).

Di seguito riporto una tabella, assemblando alcuni dati presenti nel Rapporto citato (pag.549 e 550) , per sintetizzare l’andamento delle previsioni future, su parte dei servizi sanitari che saranno richiesti dalle persone anziane, a conferma dell’incremento di spesa:



Previsioni

(migliaia)

2016 (2017*)

Valore Assoluto % (1)

2028

Valore Assoluto % (1)

2038

Valore Assoluto % (1)

Popolazione

Over 65



13.528*



22,3



15.618



26,0

 



18.630



31,1

Notti in

Ospedale



24.714



60,1



28.262



63,3



32.870



69,9

Assistenza

Domiciliare



1.416



76,7



1.618



79,2



1.872



83,5

Assistenza

Domiciliare

Sanitaria





894





74,2





1.022





77,0





1.183





81,7

  1. % calcolata per i soli over 65enni sul totale della popolazione o dei servizi sanitari erogati



Il rapporto citato pone la necessità di riprogettare una presa in carico di queste persone attraverso servizi territoriali (Assistenza Domiciliare Integrata) tali da ridurre le ospedalizzazioni evitabili e quindi i costi e nel contempo migliorare la “qualità di vita reale percepita dal paziente” (pag.423 del Rap.Osservasal. 2018).

Un altro fattore da considerare è l’autonomia dell’anziano in un contesto sociale dove i figli presentano una mobilità territoriale sempre più elevata, alla ricerca di migliori condizioni sociali e lavorative. La speranza di vita di un over 65 è di altri 19,3 anni per gli uomini (per TN 20,3) e di 22,4 anni per le donne (per TN 23,3). Ma la durata della vita media senza limitazioni funzionali per un ultra 65enne è per gli uomini di 9,4 anni e di 9,8 anni per le donne. Quindi gli uomini e le donne avranno una parte finale della vita con una pluralità di malattie tali da renderli scarsamente autosufficienti rispettivamente per 9,9 e 12,6 anni.

Già oggi il 30,3% degli over 65 non sono autosufficienti e vengono seguiti da 4 milioni di familiari con l’aiuto di circa 1 milione di badanti tra regolari e non (A. Orioli, Il Sole 24 ore, “Italia,un paese di anziani non autosufficienti…” del 27/06/19).

Una coppia, i cui figli siano sparsi per il mondo o comunque lontani, dovrebbe prevedere di accantonare come minimo, per remunerare un aiuto nei lavori domestici inizialmente e poi una badante, non meno di 53.000 € (stima ai prezzi attuali per 1 anno di aiuto nei lavori di casa più 3 anni di una badante) per poter rimanere nella propria casa negli ultimi anni di vita alle attuali condizioni di misure di sostegno(la somma da accantonare diventa 74.000€ nel caso di 2+4).

I dati della vita media senza limitazioni non sono però da considerarsi immutabili, ad esempio paesi come la Germania e la Svezia hanno un periodo di autosufficienza medio più lungo e pari a 11,4 e 15,4 anni e contemporaneamente un periodo di non autosufficienza più breve.

L’importanza della prevenzione, attraverso un’adeguata assistenza sanitaria alle varie fragilità e che porti a praticare uno stile di vita salutare, ovvero più attento all’alimentazione e a momenti di attività fisica, è rappresentata dal fatto che può innalzare la speranza di vita, ad esempio per i maschi, di altri 5,2 anni. Inoltre sembrerebbe che 1 euro investito in prevenzione porti ad un risparmio per il sistema sanitario, nei 10 anni successivi,a seconda del tipo di cronicità, tra i 3 ed i 5 euro.

Stiamo quindi procedendo verso un periodo, se non facciamo le dovute riforme, dove ci sarà un costante incremento della spesa sanitaria e pensionistica e contemporaneamente dovremmo recuperare i ritardi accumulati nelle infrastrutture, nella scuola, nella competitività del sistema paese e soprattutto delle aziende sotto i 30 dipendenti che sono la stragrande maggioranza.

Finora le soluzioni praticate, per far quadrare la spesa, sono state la riduzione degli investimenti e dei servizi erogati; su cosa dovremmo invece concentrare la nostra attenzione per non intaccare il reddito delle persone e i servizi di cui possiamo aver bisogno e rendere più efficiente l’intera struttura amministrativa dello stato?

Volendo fare un elenco di priorità al primo posto, per il loro intreccio e per la dimensione che hanno raggiunto, vengono la corruzione, la criminalità organizzata e certe inefficienze della pubblica amministrazione.

Stando a diversi studi e valutazioni l’entità della corruzione, con la rete clientelare e l’inevitabile inefficienza amministrativa di cui ha bisogno, è difficilmente calcolabile, non ci sono ad oggi valutazioni credibili sul peso dell’intero fenomeno della corruzione ma valutazioni parziali. A riprova che una valutazione economica del danno della corruzione sia stimata in modo molto diverso riportiamo la seguente tabella pubblicata in uno studio dell’EU.RE.S, del 2016, sull’Economia sommersa,economia non osservata e corruzione a Roma e nel Lazio, a pag 12:

Tabella 7 - Il costo della corruzione in Italia e a Roma: tavola riassuntiva di alcune stime

Fonte

% sul PIL o sui lavori pubblici

Anno

Stima costi della corruzione in Italia

Stima costi della corruzione a Roma

Banca Mondiale

3,5% PIL

2004

50-60 miliardi

4,7 miliardi

Banca Mondiale

2,3% PIL

2014

37 miliardi

3,1 miliardi

Corte dei Conti

+40% di spesa nei contratti per grandi opere, forniture e servizi pubblici dello Stato

2012

35 miliardi1

1,3 miliardi (solo nel comune di Roma*)

OCSE

+10,4% costi di realizzazione delle infrastrutture pubbliche e +30-40% tariffe ai cittadini

2014

26 miliardi2

462 milioni di euro (solo nel comune di Roma*)

Commissione Europea

1% PIL

2014

16 miliardi

1,3 miliardi

Corte dei Conti

1,3% PIL

2014

21 miliardi

1,7 miliardi

Fonte: Elaborazioni Eures su fonti varie

* gli appalti pubblicati dal Comune di Roma e dai 15 Municipi ammontano a 3,3 miliardi

 

Come possiamo notare nella colonna della stima dei costi della corruzione in Italia si parte da un valore di 50-60 miliardi valutato nel 2004 dalla Banca Mondiale ai 21 miliardi della nostra Corte dei Conti nel 2014. Dobbiamo sottolineare che nel tempo la corruzione sembra ridurre i propri effetti sullo stato e sulle tariffe ai cittadini, vedi le stime della Banca Mondiale e della Corte dei Conti. Rimane comunque a tutt’oggi un importo troppo rilevante.

Passando da una valutazione puramente economica, dell’entità del danno per l’anno stimato, agli effetti che la corruzione ha sul mancato sviluppo di parti del paese paradossalmente è stato stimato che se avessimo la stessa corruzione della Germania il reddito nazionale sarebbe superiore di 585 miliardi (2014), ovvero 1/3 di PIL in più (Lucio Picci, economista). L’autore della provocazione suggerisce che un’analisi del danno solo dal punto di vista economico è troppo parziale. Infatti la corruzione produce purtroppo molti danni collaterali, di cui ricordo alcuni: il rallentamento nell’avvio e nella esecuzione delle opere o dei servizi, la costante messa in discussione degli esiti dei vari bandi di gara, l’esplosione dei costi, l’eccesso di laureati in legge nelle pubbliche amministrazioni a scapito dei tecnici per cui ci si preoccupa della legittimità della spesa e non della sua congruità. La totale assenza, al di la dei proclami, di politiche di riorganizzazione ed efficientamento della pubblica amministrazione. L’esito è che l’amministrazione è raramente in grado di valutare costi, tempi e qualità dei beni e dei servizi che vengono acquistati e questo vale anche come incapacità di fare, in itinere ed ex post, i dovuti controlli.

E’ bene ribadire che la stima del mancato sviluppo non è una valutazione sulla totalità del fenomeno corruttivo ma solo quanta corruzione c’è in più in Italia rispetto a paesi come la Francia e la Germania. L’obiettivo che potremmo porci quindi non è di annullare la corruzione, che potrebbe essere un obiettivo impossibile, ma vogliamo essere in grado di contenerla almeno nella stessa misura di Francia e Germania?

La stima provocatoria sul mancato sviluppo di parti dell’Italia in seguito alla corruzione, alla criminalità organizzata e alla mala gestione vedremo poi che forse non è tanto lontana dal vero.

Qualcuno può essere del tutto incredulo sulla dimensione del fenomeno. Al tempo di “mani pulite”, l’economista Mario Deaglio ha stimato che le tangenti nel solo anno ‘92 hanno prodotto (le somme in lire sono state convertite in euro): 5 miliardi di euro di costi per i cittadini, un indebitamento pubblico tra i 75 e i 125 miliardi, un maggior livello di interessi sul debito tra i 7 e i 12miliardi.

Questi soldi sono stati spesi ad esempio per un costo medio a km 4 volte superiore, comparando la metropolitana di Milano e quella equivalente di Amburgo; altrettanto per l’ampliamento dello stadio Meazza rispetto allo stadio di Barcellona; mentre il passante ferroviario è costato solo il doppio rispetto ad altri confrontabili. Nello stesso anno il governo Amato ha impostata una finanziaria con 46,5 miliardi di nuove tasse, compreso il prelievo forzoso del 6 per 1000 su tutti i conti correnti bancari per sostenere il valore della lira.

Arrivando a tempi più recenti possiamo citare la ricerca della CGIA di Mestre che, analizzate 27 opere del programma infrastrutture della Legge Obiettivo del 2001, nel 2014, quasi nessuna risultava completata e i costi erano lievitati in modo anormale. La statale Jonica (Taranto-Sibari-Reggio Calabria) ha visto aumentare i costi rispetto ai preventivi di 6 volte, la statale n.38, in Valtellina, ha avuto un incremento di 5 volte, la Tav Milano-Bologna-Firenze ha avuto un aumento di 10 volte.

Purtroppo relativamente all’alta velocità c’è una conferma recente, anche se più contenuta, da una verifica nel 2018 dell’ European Court of Auditors, l’Italia ha un costo medio a kilometro di 28 milioni di euro rispetto ai 12 della Spagna, 13 della Germania e i 15 della Francia. Ci dovremmo interrogare, per correttezza di analisi, in quale misura questi costi siano anche in parte giustificabili da una configurazione del territorio per cui ad esempio rispetto alla Francia abbiamo un’area montuosa pari al 35,2% del territorio contro il 15% e un’area collinare che copre il 41,6% contro il 37%.

Rispetto ai tempi, i lavori vengono eseguiti con una durata media 3 volte superiore (purtroppo il 54% di questo tempo viene utilizzato dalla P.A. per i vari atti), anche i progetti cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) hanno mediamente una durata realizzativa superiore di 3 volte rispetto alla media degli altri paesi europei .

“… iniezioni di capitali di portata comparabile all’economia statunitense e al sistema economico italiano … hanno condotto a risultati molto diversi. Parliamo dell’American Recovery and Investment Act predisposto dall’amministrazione Obama nel 2009 e dell’intervento grandi opere voluto dall’Italia nel 2001.”(Sole 24 ore, Quanto costa la corruzione agli italiani,…, 28 gennaio 2016). Il primo, con uno stanziamento di 260 miliardi in lavori pubblici, risultava già completato nel 2012 al 70%. In Italia “… uno stanziamento di 285 miliardi che in 13 anni ha portato al completamento dell’8,3% dei lavori previsti. Il motivo? La corruzione. Un male endemico per l’Italia…” (art. cit. pag 25).

Maggiori costi e tempi dilatati significa che a parità di investimenti strutturali l’Italia si ritrova con meno della metà delle opere necessarie.

Infatti, se rapportate alla popolazione, l’Italia si ritrova ad avere una dotazione di rete stradale, ferroviaria e a banda larga inferiore a quelle di Francia, Germania e Spagna (De Polis,Ivass,2019).

La realizzazione di quelle previste in tempi così lunghi fa inoltre svanire l’effetto “moltiplicatore” degli investimenti e quindi le misure di sostegno all’economia non sortiscono il necessario effetto shock. L’entità del “moltiplicatore” dipende infatti dalla “rapidità ed efficienza degli investimenti e dalla capacità di individuare quelli in grado di determinare un effettivo incremento qualitativo e quantitativo del capitale pubblico” (Visco, 22 settembre 2018).

A conferma di queste analisi, nella pubblicazione “Noi Italia”, dell’ISTAT, uscita on line il 25 giugno 2020, i confronti con l’Europa sono preoccupanti:

  • Covid ha trovato un paese dove la spesa sanitaria era ampiamente inferiore agli altri paesi europei, pari a 2.495 dollari per abitante mentre la Germania era a 4.933. L’Italia era al 24° posto, su 28 paesi, con 3,1 posti letto ogni mille abitanti mentre la media europea era a 5.

  • Rispetto alla rete ferroviaria abbiamo una dotazione di 27,7 Km ogni 100 mila abitanti, la media europea è a 42,5. Ogni 10 mila autovetture abbiamo 1,8 Km di autostrade, la Francia è a 2,8 e la Germania a 6,8.

  • Gli investimenti per l’istruzione sono tra i più bassi e sono pari al 3,8% del PIL contro una media europea del 4,6. All’università è riservato lo 0,3% del PIL (ultimi in assoluto in Europa) rispetto ad una media dello 0,7 con la conseguenza di avere un numero di giovani laureati solo del 27,6%, molto al di sotto dell’obiettivo europeo del 40% raggiunto e superato da 18 paesi . Anche negli investimenti per la ricerca e lo sviluppo siamo all’ 1,38%, con una media europea del 2,07% e con 4 paesi che hanno superato il 3%.

Ma i lavori pubblici non sono il solo esempio che viene citato di corruzione o mala gestione anche la sanità sembrerebbe presentare un tasso medio di corruzione del 6,1%, con un intervallo tra il 3,9 e l’8,3%.

La stima della potenziale corruption nel Sistema Sanitario Nazionale… varia tra i 4,3 e i 9,2 miliardi… circa il 6,1% delle spese correnti; … le potenziali inefficienze nell’acquisto di beni e di servizi sanitari… è pari a circa 13 miliardi”(Report 2017, Curiamo la corruzione, percezione rischi e sprechi in sanità). In questo caso siamo solo al 17,8% delle risorse “buttate” o gestite malamente quindi apparentemente meglio della realtà dei lavori pubblici.

Per recuperare le maggiori spese che la sanità dovrebbe sostenere, per l’aumento degli over 65enni, basterebbe quindi ridurre, per i prossimi 10 anni, del 22,5% gli effetti combinati della corruzione e della cattiva gestione, per poi passare al 45% per i successivi 10 anni. Un obiettivo che dovrebbe essere alla nostra portata.

Relativamente agli sprechi documentati l’indagine ANAC sui pasti ospedalieri ha posto in rilievo che a parità di menù alcuni ospedali acquistavano il pasto a 7 euro altri a 17,77,qui possiamo obiettare che dipende molto dalla qualità della materia prima, dalla cottura e dal servizio di consegna. Per quanto riguarda invece gli sprechi nel mercato dei dispositivi medici per diabetici, dossier 2017, “ un ago penna per iniettarsi l’insulina … era pagato 1,5 centesimi dalla Liguria e 16,5 centesimi dal Lazio, per le lancette pungi dito si andava dai 2 euro dell’Emilia-Romagna ai 28,8 euro della Provincia di Trento.” ( Angelica Gianbelluca, “Corruzione in Sanità: leggi e segnalazioni aiutano, ma senza formazione e tecnologia la corruzione è difficile da arginare”, 22 aprile 2020).

Eppure nei giudizi sulla qualità dei piani anticorruzione vede il Trentino-Alto Adige e l’Emilia-Romagna ai primi posti e valuta come insufficienti quelli del Friuli e della Lombardia. Inoltre l’APSS di Trento si è candidata come Azienda pilota per l’elaborazione di procedure efficaci per tutelare chi segnala illeciti o atti di corruzione (A. Gianbelluca, articolo cit., 2020).

In conclusione nella sanità il fenomeno corruttivo, pur con una misurazione molto prudente, e in assenza di confronti con i costi della sanità in altri paesi, sembrerebbe pesare la metà rispetto alla mala gestione e agli sprechi. I margini di miglioramento, se vi è consapevolezza e volontà in tutti, possono essere quindi significativi anche se dobbiamo essere altrettanto consapevoli che la corruzione per prosperare ha la necessità di mimetizzarsi entro le inefficienze, la cattiva organizzazione, la contradditorietà e la macchinosità dei regolamenti e delle leggi.

Alla base di ogni gestione di parte, corrotta o no, sta “l’asimmetria informativa” (L.Picci, A.Vannucci, Lo Zen e l’arte della lotta alla corruzione, Altraeconomia settembre 18) ovvero qualcuno dispone di tutte le informazioni sulle risorse in gioco e sulle azioni o attività in cui collocarle mentre la quasi totalità delle persone, anche le associazioni di categoria, non sono in grado di disporne. L’assenza di trasparenza e conoscenza impedisce la nascita di proposte gestionali diverse e quindi di esercitare una azione di indirizzo e di controllo esterno sull’operato del potere politico-amministrativo.

Ad esempio, nei documenti provinciali è difficile trovare quanto costi mediamente un giorno in ospedale e ancora meno quanto possa venire a costare un servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (qualche indicazione la si trova nelle pubblicazioni del Ministero della salute).

Rispetto alla “mala gestione” dello stato ci rifacciamo anche all’esempio molto noto di Autostrade per l’Italia.

Dopo la privatizzazione del ’99 “Autostrade è l’unico controllore di sé stesso” (Ugo Arrigo, Inchiesta, del 19/08/2018, le frasi virgolettate sono riprese dall’articolo) sia rispetto ai controlli sulla sicurezza sia sui piani finanziari che definiscono i pedaggi e quindi i ricavi ed i profitti; e questo “non sapremo mai se per sciatteria burocratica o per esplicita volontà di non disturbare il soggetto regolato”. Inoltre la norma del ’94 sulle privatizzazioni prevedeva l’istituzione contestuale di un organismo indipendente per il controllo delle tariffe e della qualità del servizio. Organismo istituito nel 2011, diventato operativo nel ’13 ma con il limite di occuparsi solo delle nuove concessioni.

dunque il monopolio pubblico […] è stato trasformato in monopolio privato”.

Le condizioni delle concessioni autostradali erano segretate, il ministro Delrio le ha rese pubbliche agli inizi del ’18, è stato così possibile conoscere un’ulteriore condizione secondo cui se lo stato avesse revocato la concessione, anche in caso di gravi inadempienze di Autostrade, doveva comunque indennizzare la società di tutti i profitti che avrebbe potuto avere negli anni restanti fino alla fine prevista della concessione. Al riguardo l’allegato B alla convenzione unica firmata il 12 ottobre 2007 (sito Ministero Trasporti) prevedeva che la redditività annua per i soci di Autostrade doveva essere del 7,18%. Che questo livello di remunerazione del capitale sia corretto o meno rimane che non sembrerebbe essere mai stato preso in considerazione in una eventuale analisi dei piani finanziari.

L’altra area da contrastare è la criminalità organizzata che sembrerebbe avere un giro d'affari ed una presenza sull’intero territorio nazionale estremamente ampi.

... fa registrare attualmente circa 150 miliardi di ricavi e, a fronte di poco più di 35 miliardi di costi, ha utili per oltre 100 miliardi ... se fino a qualche tempo fa si poteva dire che il fenomeno poteva appartenere al Meridione, oggi … sappiamo che la maggior parte dei ricavi della ‘ndrangheta, per esempio, proviene dal Nord-Ovest" (Francesco Mercadante, 22 giugno 2018, Il Sole 24 ore).

Purtroppo anche in Trentino la criminalità organizzata, anche in questo caso la ‘ndrangheta, ha saputo radicarsi negli ultimi trent’anni e prosperare senza incontrare particolari resistenze. E’ stata resa pubblica a metà ottobre un’indagine della Procura che ha portato all’arresto di 19 persone che operavano nel settore porfido,con accuse anche di riduzione in schiavitù di lavoratori stranieri, ma sembrano esserci ramificazioni nei trasporti e nelle società immobiliari per un giro di affari di almeno 40 milioni.

Le organizzazioni criminali sono oggi un potere finanziario potentissimo … E’ nell’essenza dell’organizzazione mafiosa l’interazione con gli altri poteri … rappresentanti delle istituzioni politiche e amministrative sembrano essere alla fine soggetti succubi di queste persone …”(dall’intervista a Roberto Pennisi, sostituto procuratore dell’Antimafia nazionale sul caso Trento,l’Adige del 23 ottobre).

Secondo Roberto Saviano i guadagni della ‘ndrangheta ammontano a circa 60 miliardi all’anno e quelli della camorra tra i 20 e i 35 miliardi (Così le mafie sfruttano l’epidemia, la Repubblica del 25 agosto 2020).

Unioncamere nello studio “La misurazione dell’economia illegale” sottolinea come negli ultimi 20 anni la corruzione denunciata sia calata nonostante che il fenomeno sia in aumento. L’analisi precisa, tra le molte cose, che ogni punto di aumento nella percezione della criminalità provoca una perdita del 16% negli investimenti dall’estero e che le imprese costrette a relazionarsi con una amministrazione corrotta hanno una crescita inferiore del 25%, con evidenti effetti sulla produttività complessiva dell’intero paese.

Un primo lavoro … a supporto della Commissione Antimafia ha stimato che l’insediamento della criminalità organizzata in Puglia e in Basilicata, nei primi anni settanta, ha generato nelle due regioni, nell’arco di un trentennio, una perdita di PIL di circa il 16% … Con una metodologia simile si è confrontato quanto accaduto in Friuli-Venezia Giulia e in Irpinia dopo i terremoti del 1976 e 1980, in seguito all’afflusso di fondi pubblici: nel corso dei trent’anni successivi, in Friuli-Venezia Giulia, dove la criminalità organizzata non era presente, la crescita del PIL pro-capite è stata superiore di 20 punti di quella osservata in una regione contro fattuale, mentre in Irpinia, dove la criminalità organizzata era fortemente radicata, la crescita del PIL pro-capite è stata inferiore di circa 12 punti percentuali rispetto a quella della regione di controllo.” (Ignazio Visco, “Prevenzione e contrasto della criminalità organizzata”, audizione del 14 gennaio 2015 alla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno delle mafie).

La corruzione in Italia appare un fenomeno non solo ampiamente diffuso, ma anche dalle radici profonde, con capacità di penetrazione endemica in alcuni ambiti della vita amministrativa e alcune aree del paese, dotato di regole informali largamente condivise che ne facilitano la pratica e lo sviluppo, e in alcune zone d’Italia legato strettamente al crimine organizzato” (Lo Zen a l’arte della lotta alla corruzione, cit.pag 81)

Di seguito riporto una tabella che è costruita su una valutazione del livello di corruzione in Europa utilizzando l’Indice di Percezione della Corruzione (CPI), nel settore pubblico e nella politica, messa a punto da Transparency International che si basa sull’opinione di esperti che assegnano una valutazione che va da 0, per i paesi totalmente corrotti, a 100, per quelli dove il fenomeno non esiste e quindi sarebbero “puliti”.







Diffusione della corruzione nell’Unione Europea (2019)

Paesi Europei

Punteggio attribuito

Posizione nella scala CPI

Danimarca

88

1

Finlandia

85

3

Norvegia

85

3

Svezia

84

6

Paesi Bassi

82

8

Germania

81

10

Lussemburgo

81

10

Austria

75

16

Belgio

75

16

Irlanda

74

19

Estonia

71

21

Francia

70

23

Portogallo

62

30

Slovenia

61

33

Polonia

60

36

Lituania

59

38

Lettonia

58

40

Cipro

57

42

Repubblica Ceca

57

42

Spagna

57

42

Malta

56

46

Italia

52

53

Slovacchia

50

55

Croazia

49

58

Grecia

48

60

Romania

48

60

Ungheria

45

67

Bulgaria

43

72

Tratta da “Percorsi di formazione e conoscenza contro Mafia e Corruzione” Transparency Internetional Italia

Dalla legge sulla corruzione del 2012 al 2019 la posizione dell’Italia ha continuato a migliorare e oggi è al 53° posto nel mondo, su 180 stati valutati, con un punteggio di 52, eravamo ad un punteggio di 42.

Se ci soffermiamo a considerare il punteggio attribuito più che la classifica con i vari stati scopriamo che non siamo ancora alla sufficienza ma in altri 7 anni, se non rallentiamo l’attenzione e l’operatività, evento sempre possibile, e se anzi miglioriamo gli strumenti a disposizione, potremmo arrivare alla sufficienza ovvero a 60.

Se prendiamo per buona l’affermazione dello studio di Unioncamere che ogni punto di miglioramento nella scala ci porterebbe un aumento degli investimenti dall’estero del 16%, se arrivassimo allo stesso livello della Francia, avremmo un aumento degli investimenti esteri del 288% , particolarmente utili sia per le aziende sia per la sostenibilità del debito.

La criminalità ha uno stretto legame con la corruzione e la concussione con i conseguenti danni all’economia e alla buona gestione dei servizi pubblici. Nel solo ’19 sono stati sciolti e posti in amministrazione controllata 63 comuni e 2 aziende sanitarie per una popolazione di oltre 900mila persone (relazione del ministro degli Interni del 22 maggio 2020). Naturalmente il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata, che si sostituisce allo stato, va ben aldilà di questo piccolo esempio. Le presenti difficoltà del sistema produttivo complessivo rappresentano una grande opportunità sia per “riciclare” le ingenti liquidità di cui sono in possesso sia per appropriarsi di quote di mercato nei settori in difficoltà ma anche per inserirsi in quelli con maggiori possibilità di sviluppo.

Un’ulteriore area di analisi è rappresentata dall’evasione fiscale e contributiva che si posiziona tra i 100 e i 110 miliardi all’anno.

Qui non ci pare tanto importante fare l’elenco delle categorie che sembrerebbero evadere più di altre e continuare a ragionare su possibili strategie di contenimento, ciò che non si capisce è perché anche non si valorizzi chi paga le tasse sia nel caso di aziende sia nel caso dei contribuenti.

Facciamo qualche esempio, visto che siamo in clima di riforme e di trasformazione della gestione dello stato, i bandi di gara per l’esecuzione di opere o per l’acquisto di beni e servizi dovrebbero, per la comparazione delle varie offerte, tenere conto della media delle tasse pagate, ad esempio negli ultimi tre anni. Se un’azienda propone un prezzo di 100 per la fornitura di un bene e paga mediamente il 30% di tasse sul proprio fatturato, allora allo stato quell’opera costerà credibilmente 70; se un’altra azienda propone un prezzo di 90 ma ha un livello di tassazione del 15% il costo per lo stato sarà di 76,5. Quindi la vincitrice della gara dovrebbe essere la prima azienda che apparentemente propone il prezzo maggiore.

Poiché siamo in un contesto di cambiamenti non sarebbe male introdurre altri due elementi, senza appesantire il calcolo del vincitore. Si potrebbe tenere conto di un coefficiente sugli investimenti (abbiamo la necessità di privilegiare chi innova e punta ad aumentare la produttività) e infine potrebbe essere utile introdurre l’obbligo della certificazione per la sicurezza UNI ISO 45001 (e forse qualche riflessione andrebbe fatta anche per la certificazione ambientale UNI ISO 14001) o dare un punteggio importante alle aziende certificate. L’obbligo di una certificazione per la sicurezza ci pare più che necessaria considerato che da un confronto con Austria e Germania (EUROSTAT) il Trentino presenta un tasso di infortunio mediamente doppio nel periodo confrontabile 2008-2014.

Relativamente ai contribuenti potrebbe essere utile cominciare a tenere in considerazione gli orientamenti di chi affida allo stato parte del proprio reddito per usufruire dei relativi servizi. Andrebbe valutato di introdurre una sorta di “referendum consultivo”, al momento della dichiarazione dei redditi (aggiungendo qualche domanda), per cui ogni soggetto potrà indicare le proprie priorità, ovvero dove vorrebbe che fossero allocate le proprie tasse scegliendo tra le voci che rappresentano una sintesi dei vari capitoli di spesa del bilancio dello stato. Il tutto potrebbe essere fatto a costo zero per lo stato che però ricaverebbe un’indicazione molto importante sugli orientamenti dei cittadini. Il limite di questa proposta è che non è universale, è gestita dai Caaf o in autodichiarazione, ma potrebbe essere un inizio di una maggiore partecipazione ed ha il vantaggio di essere celere, si tratta di elaborare le risposte ad una o comunque a poche domande semplicemente aggiornando il gestionale del 730.

Per concludere, la mala gestione e la storica incapacità organizzativa e di controllo della pubblica amministrazione e della magistratura è la condizione necessaria al prosperare della corruzione insieme alla scarsa disponibilità a rendere note l’entità delle risorse, la loro allocazione, le priorità di intervento e le varie modalità gestionali con una analisi della loro efficacia. Operare per concorrere ad una buona gestione delle risorse pubbliche non è solo una cosa di buon senso è anche la prima condizione per restringere l’area della corruzione e ridurre la discrezionalità di chi detiene il potere di scelta perché non scivoli verso tentazioni di pratiche di scambio e accetti un confronto, non solo formale, con priorità e strategie elaborate dalle parti sociali.

Tempo fa qualche editorialista invitava a non proseguire con certe scelte pena il cadere in un precipizio, in realtà è da tempo che stiamo scivolando lungo un ripido pendio, dovremmo cercare di aggrapparci a qualcosa, tipo una buona amministrazione, per fermare la caduta e provare a risalire la china.

Al punto in cui siamo non abbiamo solo bisogno di politici ed amministratori lungimiranti ed onesti, a cui delegare la gestione della cosa pubblica, e il cui bisogno ha generato il recente dibattito sulla stampa sulla necessità di una élite preparata, questa è solo una condizione necessaria ma non sufficiente. Abbiamo bisogno dell’apporto di tutti gli onesti e di tutti coloro che sono stanchi di questo modo di procedere. Dobbiamo attingere alla partecipazione e all’intelligenza collettiva dell’intera popolazione, per identificare priorità di investimenti e strumenti operativi mediamente al riparo dai corrotti e dalla criminalità organizzata e non ultimo dobbiamo anche essere capaci di trasformare la burocrazia da peso per la società e l’economia in motore di sviluppo.

Le cose da affrontare sono enormi, e negli ultimi trent’anni non sono, non siamo, stati capaci di farlo ma abbiamo il dovere di provarci.

Luigi Pitton

 

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