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Mercato del lavoro. Basta alibi si investa su analisi dei fabbisogni e qualità dell’occupazione

Cgil Cisl Uil: oltre a denunciare la carenza di manodopera, bisogna adoperarsi per far incontrare concretamente domanda e offerta. Gli strumenti ci sono

Le imprese trentine, in particolare nel turismo, nell’agricoltura e nell’edilizia, non trovano personale sufficiente ai loro fabbisogni. Anche l’industria lamenta difficoltà a reperire lavoratori e lavoratrici. Eppure in Trentino non è piena occupazione con un tasso di disoccupazione al 4,8% in linea con il 2019. E’ chiaro come ci sia un problema sempre più ampio di incontro tra domanda e offerta di lavoro, ma non solo. Per Cgil Cisl Uil bisogna guardare oltre la “lamentele di circostanza” e indagare quali sono le ragioni per cui gli strumenti messi in atto fino a questo momento non funzionano come dovrebbero. “Preso atto che il nostro mercato del lavoro oggi e sempre più in futuro dovrà fare i conti con una carenza di personale giovane legato alle dinamiche demografiche in atto – fanno notare Maurizio Zabbeni, Lorenzo Pomini e Gianni Tomasi che per Cgil Cisl Uil seguono le politiche del lavoro – è ora di affrontare i problemi in modo efficace e concreto. Abbiamo invece la sensazione che spesso le imprese preferiscono limitarsi a lanciare allarmi, ma che poi facciano poco per uscire da una situazione di stallo”.

Per i sindacati ci sono oggi strumenti messi in campo da Agenzia del lavoro, su sollecitazione delle stesse aziende, che non vengono presi in considerazione. A cominciare dai vari protocolli firmati per reperire personale stagionale in agricoltura, nel turismo e in edilizia. “Il protocollo siglato lo scorso anno per il turismo aveva portato alla raccolta di tremila candidature. Solo 128 di queste persone sono state assunte e nessuno oggi è in grado di dire per quale ragione. Non è andata molto diversamente nell’agricoltura dove le assunzioni seguite alla raccolta delle candidature sono state minimali, mentre l’analogo protocollo siglato in edilizia non ha portato a nessun risultato tangibile”, denunciano i tre sindacalisti che a questo punto chiedono alle imprese e a chi le rappresenta di agire concretamente per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. “La prima criticità è indubbiamente la reale conoscenza dei fabbisogni. Da troppo tempo chiediamo, inascoltati, l’avvio di un serio ed efficace osservatorio per l’analisi dei fabbisogni. Lo strumento adesso è previsto anche nel documento degli stati generali del lavoro. Ci auguriamo che dalle parole si passi ai fatti”.

Accanto a questo altri due sono i nodi da affrontare superando visioni parziali. Il primo riguarda la costruzione di un asse tra mondo dell’istruzione, della formazione professionale e mondo del lavoro. Uno degli anelli per mettere in collegamento questi fattori è un sistema di certificazione delle competenze che consenta il reciproco riconoscimento. Se ne parla da anni, ma pochi sono i passi avanti. “Noti i fabbisogni è importante formare figure professionali in grado di soddisfarli. Dunque formazione dei giovani e riqualificazione di lavoratori e disoccupati. Abbiamo sollecitato più volte gli assessori Bisesti e Spinelli su questi temi, ma non abbiamo ottenuto risultati”.

C’è dunque il tema delle condizioni di lavoro, a cominciare dalle retribuzioni e dal tipo di contratti offerti, molto spesso in somministrazione con missioni rinnovate a giorni, nemmeno a settimane. E qui si tocca un tasto dolente. “Affermare che non si trovano lavoratori perché i più preferiscono gli ammortizzatori sociali ad un ruolo attivo è una versione molto parziale della realtà. Il tema reale sono le condizioni di lavoro offerte, a cominciare dalla retribuzioni. Per questa ragione è necessario sostenere e spingere sulla contrattazione di secondo livello. Ai tavoli contrattuali ci si siede però in due. Ad oggi notiamo una scarsa disponibilità da parte delle imprese, mentre la Giunta non ha messo in campo nessuno strumento per incentivare i contratti integrativi né per promuovere la contrattazione tra le organizzazioni maggiormente rappresentative, evitando iniqui dumping contrattuali”. A questo si aggiunge il tema della precarietà. “Servono maggiori incentivi per rendere più stabile il lavoro”.

E sul tema degli ammortizzatori sociali rilanciano. “E’ ora di essere coerenti fino in fondo. Il problema non è la misura di sostegno, ma la scarsa condizionalità. La Provincia ha gli strumenti per aumentare la condizionalità dell’assegno unico e legare l’aiuto al reinserimento lavorativo. Noi siamo sempre stati a favore. E’ certo anche che il sistema può funzionare se si da un’analisi dei fabbisogni e se ci sono offerte di lavoro congrue”.

In questo quadro, dunque, ad agire deve essere il mondo delle imprese che fino ad oggi si è nascosto dietro troppi alibi. Dalla Provincia, però, i sindacati si attendono un ruolo più attivo e coerente anche con quanto definito nell’ambito degli Stati generali del lavoro. “Si attivi subito la cabina di regia per dare traduzione concreta agli obiettivi e ai progetti condivisi e si doti Agenzia del Lavoro e i centri per l’impiego delle risorse umane numericamente e qualitativamente necessarie per funzionare in meglio. Ne avrebbero un vantaggio le aziende e le persone in cerca di occupazione”.



Trento, 12 aprile 2022

 

 

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