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La riforma sanitaria si fa esternalizzando?

Il presupposto fondamentale è quello del personale, quello che manca e quello che abbandona il pubblico per entrare nel privato

La riforma sanitaria si fa esternalizzando?

«Il Regolamento di riorganizzazione della sanità, varato dalla giunta provinciale potrebbe dirsi che vada nella direzione giusta: decentramento dei servizi, integrazione socio sanitaria (reti professionali locali e dipartimenti), rafforzamento della prevenzione. Ma la domanda è: con chi si fa questa riforma? Sì perché il presupposto fondamentale è quello del personale, quello che manca e quello che abbandona il pubblico per entrare nel privato a causa dei turni massacranti cui è sottoposto, del mancato riconoscimento professionale ed economico, della scarsa possibilità di crescita.

Occorre quindi, prima di tutto, bloccare la fuga di medici e infermieri, delineare un quadro professionale e retributivo di maggior appeal, plausibile e condiviso, valorizzare le professionalità a tutti i livelli compreso il personale amministrativo per gli adempimenti burocratici, per un vero e proprio patto che metta al centro l’insostituibilità della sanità pubblica e l’adeguatezza delle risorse. Per queste stesse ragioni è meno condivisibile, e l’abbiamo detto dal primo momento, la scelta dell’ospedale policentrico che rischia di peggiorare ulteriormente la già gravissima carenza di personale e la qualità e l’appropriatezza delle cure».

Così Luigi Diaspro, segretario generale della Fp Cgil del Trentino, all’indomani del varo del nuovo regolamento dell’Azienda sanitaria, che aggiunge: «Il piano rischia di apparire contraddittorio anche in relazione alle esternalizzazioni dei Pronto soccorso e dei Punti nascita delle valli che, oltre a rimandarci col pensiero ai 120 milioni di tagli preannunciati dalla giunta tre anni fa, dimostrano una chiara direzione di marcia. I due milioni di costo previsto per la riforma appaiono del tutto insufficienti anche per il solo potenziamento degli organici a tutti i livelli; basti pensare che le sole esternalizzazioni in corso costeranno più della metà (1,1 mln). Occorrono invece massicci investimenti per un piano straordinario di assunzioni, adeguamento delle retribuzioni, incentivi professionali ed economici, valorizzazione del ruolo pubblico.

Aprendo al privato si realizza il classico circolo vizioso: aumentando i compensi per attirare quei professionisti si realizza una sorta di eterogenesi dei fini per cui sono gli stessi “pubblici” e essere attratti dal privato e non viceversa. L’autonomia speciale deve trovare soluzioni all’altezza delle proprie ambizioni, garantire e rafforzare la sanità pubblica e non limitarsi a seguire soluzioni di altri territori: per fare questo occorrerebbe ad esempio riconoscere una volta per tutte che, semplicemente, non sono sostenibili i punti nascita nelle valli e non andare avanti a testa bassa, addirittura esternalizzandoli alle cooperative con aumento dei costi e a rischio della qualità delle prestazioni».

 

 

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