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Lanzinger se ne lava le mani. Di nuovo

«Dichiarazioni paradossali e inverosimili da chi gestisce la cosa pubblica e si sottrae alle responsabilità della stazione appaltante, come emerge dalla sentenza»

Lanzinger se ne lava le mani. Di nuovo

Fp Cgil, col segretario generale Luigi Diaspro e la segretaria Roberta Piersanti, torna oggi sulla vicenda del Muse, all’indomani della conferenza stampa che ha chiarito che l’indennità di appalto va corrisposta ai lavoratori e ha condannato IN SOLIDO Muse e Coopculture a risarcire un lavoratore

«Apprendiamo oggi dal direttore Lanzinger, a mezzo stampa, che al tavolo a cui siamo stati convocati per domani dal Muse, per illustrarci la "proroga e variante dell'appalto" la cui scadenza è proprio domani, il Muse sarà solo uno spettatore. Ci chiediamo, allora, chi se non l'ente appaltante ci illustrerà le ragioni sottese all’ennesima proroga e le varianti dell'appalto. Chi quel contratto deve eseguire?

Ancora una volta il dottor Lanzinger rimpalla le responsabilità proprie e del Muse su altri soggetti, chiamandosi fuori dalla situazione esistente, come se il committente non fosse parte in causa.

Ricordiamo che negli anni il Muse è stato troppo a lungo spettatore, sostenendo di nulla potere di fronte alla mancanza di orario di chi lavora per garantire i servizi museali (che sceglie e prenota il Muse) e di avere le mani legate sull'indennità di appalto non erogata.

Il ruolo da attore a tutela dei lavoratori che oggi rivendica Lanzinger si scontra con due dati di fatto: in primo luogo, la ripetuta proroga dell'appalto, (due volte nel solo 2022) pure a fronte dell'accertamento da parte del Servizio Lavoro delle omissioni retributive, contributive e assicurative del 2021, che il Direttore si intesta e che invece è conseguenza dell'iniziativa della Fp Cgil che aveva sollecitato una verifica proprio al Servizio Lavoro.

Se il Muse avesse davvero avuto un ruolo da attore non avrebbe continuato a pagare con soldi pubblici un costo della manodopera che la Provincia tramite i propri servizi ispettivi aveva accertato non arrivare ai lavoratori, con buona pace dei principi che stanno alla base dell'agire amministrativo e il dottor Lanzinger non avrebbe personalmente replicato alle nostre richieste sostenendo che i lavoratori non potevano lamentarsi di condizioni di lavoro migliori che in altri musei e che il Muse avrebbe ben potuto sostituire i divulgatori con dei totem, come viene fatto in America.

In secondo luogo, vi è una sentenza di condanna, che dice che il Muse è responsabile in solido, non che grazie al Muse si è finalmente giunti al ripristino della legalità. Ci stupisce che per il Direttore del Museo la condanna sia una buona notizia, anziché un momento di riflessione sulla gestione. La dichiarazione, fatti alla mano, è paradossale e inverosimile allo stesso tempo, ma desta profonda preoccupazione soprattutto per la disinvoltura con cui si pretende sia di gestire la cosa pubblica sia di sottrarsi a precise responsabilità della stazione appaltante come emerge dalla lettura della sentenza.

Da ultimo, ricordiamo che il ricorso al Giudice è stato necessario proprio per il pervicace atteggiamento di chiusura del Muse e delle Cooperative che non hanno mai offerto alcuno spiraglio per migliorare la situazione, tant'è che anche tutti i nuovi assunti (anche quelli degli ultimi mesi) non hanno un orario di lavoro contrattualmente definito e a nessuno viene corrisposta l'indennità di appalto. E domani qualcuno (scopriremo chi, visto che non sarà l'attore Muse) ci presenterà la seconda proroga dell'appalto del 2022».

 

 

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